Il problema dei rifiuti spaziali sta avendo sempre più risonanza nelle agende delle agenzie spaziali di tutto il mondo. Nei prossimi anni il numero di satelliti aumenterà in maniera esponenziale – basti pensare che la costellazione Starlink di Elon Musk, mira a posizionarne 1440 satelliti in 24 lanci entro la fine del 2020, per rendere internet disponibile in ogni parte del globo. Con l’aumentare dei satelliti in orbita, i detriti spaziali continueranno a crescere, causati anche dalla probabile collisione tra satelliti funzionanti.

A livello europeo, l’Esa sta attuando una pianificazione a lungo termine per diminuire il numero di rifiuti nello spazio attraverso diverse iniziative tra cui la missionClearSpace-1,  programmata nel 2025, che si occuperà di rimuovere frammenti dall’orbita bassa grazie a quattro braccia robotiche.  Gli studi condotti da Nasa ed Esa concordano pienamente nell’affermare che l’unico modo per ‘stabilizzare’ l’ambiente orbitale è rimuovere i detriti di grandi dimensioni. La missione ClearSpace-1, infatti, avrà come obiettivo la rimozione dello stadio superiore di Vespa – Vega Secondary Payload Adapter–  che dal 2013 continua ad orbitare tra gli 880 e i 660 km di altitudine. Con massa pari a 100 kg, Vespa si avvicina al peso di un piccolo satellite, ma la sua forma e la sua costruzione robusta lo rendono un obiettivo adatto, prima di passare al ‘prelevamento’ di strutture più grandi ed impegnative.

 

 

Per quanto riguarda i programmi americani, la Nasa ha di recente aggiornato le linee guida per ridurre il problema dei rifiuti in orbita. Il nuovo documento – chiamato Revision Orbital Debris Mitigation Standard Practices – mantiene i quattro obiettivi della versione originale, redatta nel 2001, che riguardano il controllo e monitoraggio dei detriti, la riduzione di esplosioni accidentali, configurazioni di volo più sicure e lo smaltimento post-missione delle strutture spaziali. La nuova versione aggiunge un quinto obiettivo da perseguire: la manutenzione satellitare, la possibilità di riparare un satellite in orbita.

Questo aggiornamento però non sembra essere sufficiente in relazione alla situazione attuale. Parte della comunità scientifica ha manifestato il suo dissenso in particolare su un punto rimasto invariato nel documento Nasa, ovvero sulla durata della permanenza nello spazio di satelliti dismessi, prima del loro rientro in atmosfera.  Quando un satellite termina la sua missione, per evitare esplosioni e garantire un rientro controllato in atmosfera, trascorre fino a 25 anni in orbita. Data l’emergenza ‘rifiuti spaziali’, sembra essere un arco temporale molto ampio che, a detta degli esperti, andrebbe ridotto almeno a 5-10 anni.

 

Distribution of space debris around Earth