Un anno fa, la sonda Nasa Parker si è avvicinata al Sole più di quanto non abbia mai fatto nessun’altra missione in precedenza. Grazie a questo fly-by da record, la sonda è riuscita ad ottenere una serie di dati sulla corona solare. In particolare Parker è riuscita a mappare la fonte di un’importante componente del vento solare rivelando alcune inusuali inversioni del campo magnetico solare che potrebbero accelerare il viaggio delle particelle energetiche verso la Terra. Il risultato di questo studio è stato pubblicato il 4 dicembre su Nature, suddiviso in 4 diversi articoli.

Le particelle energetiche contenute nel vento solare interagiscono con il campo magnetico terrestre contribuendo a creare le aurore boreali e australi ma esse, hanno anche un potenziale distruttivo per le reti elettriche e le telecomunicazioni satellitari. Gli scienziati sono particolarmente interessati allo studio dell’ambiente magnetico del Sole per poter comprendere meglio le dinamiche dello space weather, ovvero dell’influenza che le condizioni dello spazio e del Sole esercitano sul nostro sistema tecnologico.

Uno degli obiettivi principali di Parker, è scoprire la fonte del vento solare ‘lento’ e di come esso viene accelerato nella parte più esterna dell’atmosfera solare, la corona. Il vento solare è composto da particelle cariche, principalmente protoni e nuclei di elio, che viaggiano lungo le linee del campo magnetico del Sole. Il cosiddetto vento solare ‘veloce’, invece, ha una frequenza compresa tra 500 e 1.000 chilometri al secondo e proviene dai grandi buchi nella corona solare ai poli nord e sud del sole.

«I primi tre fly-by di Parker hanno prodotto risultati spettacolari, ha dichiarato Stuart Bale, dell’Università di Berkeley. “Possiamo vedere la struttura magnetica della corona, che ci dice che il vento solare sta emergendo da piccoli fori coronali; vediamo attività impulsiva e alcuni grandi getti che riteniamo siano collegati all’origine del vento solare».

Durante ogni incontro ravvicinato, la sonda si è fermata per una settimana sopra un buco coronale –un’area dove la corona del Sole è più scura e più fredda delle aree circostanti – riuscendo ad osservare ciò che stava accadendo sulla superficie sottostante.

Un buco coronale osservato dalla sonda Nasa Stereo

Grazie alla mappatura agli ultravioletti realizzata da altre sonde tra cui Stereo (Solar Terrestrial Relations Observatory), lanciata nel 2006, il team di ricercatori è riuscito a scoprire che i buchi coronali sono con tutta probabilità la fonte del vento solare lento.

Gli scienziati hanno inoltre notato due particolari fenomeni: il primo riguarda un cambiamento nel campo magnetico – precisamente un’inversione di 180 gradi – avvenuta proprio mentre la sonda sorvolava l’area.

Il campo magnetico si è successivamente stabilizzato qualche tempo dopo tornando ai livelli precedenti. Gli scienziati ritengono che questi cambiamenti possano essere associati a una sorta di getti di plasma che riscaldano il vento solare.

Il secondo fenomeno che ha sorpreso gli scienziati è stata la presenza di polvere che ha investito la sonda durante i vari sorvoli del perielio, il punto più vicino al Sole. I granelli di polvere, più piccoli di un micron, sono costituiti da detriti di asteroidi o di comete che si sono avvicinati al Sole durante il loro viaggio.

«Studiare il vento solare dalla Terra – conclude Bale – è come osservare una cascata dal basso: col tempo ci stiamo avvicinando sempre di più alla sommità e possiamo vedere cosa accade. Parker sta osservando il vento solare che fuoriesce dai buchi coronali, ed è già un risultato eccezionale per la fisica solare».