Le stelle della nostra galassia hanno memorizzato il processo di rinascita della Via Lattea, avvenuto circa 5 miliardi di anni fa. I risultati su Nature

Giulia Bonelli 23 agosto 2018

Abitiamo in una galassia che è nel pieno della sua seconda vita: diversi miliardi di anni fa la nostra Via Lattea è morta e poi è rinata, interrompendo e successivamente riprendendo la produzione di stelle. E sono proprio le stelle le principali testimoni di questo processo, dal momento che la storia di una galassia è inscritta nella composizione elementare dei suoi astri. Nel caso della nostra dimora galattica, la ‘memoria stellare’ indica un periodo di circa due miliardi di anni durante il quale la Via Lattea poteva essere considerata morta.

È il risultato di una nuova ricerca condotta da Masafumi Noguchi della Tohoku University, che ha rivelato dettagli prima sconosciuti sull’evoluzione galattica a partire dalla recente teoria, sviluppata da Avishai Dekel della Hebrew University, del cosiddetto ‘accrescimento da flusso freddo’. In pratica è l’idea per cui le galassie crescono raccogliendo gas freddi circostanti durante la loro formazione, e questo talvolta può avvenire in due fasi, con un lungo periodo di stasi nel mezzo. Secondo l’analisi di Noguchi, pubblicata su Nature, lo stesso schema si può applicare anche alla Via Lattea: le stelle, afferma lo scienziato, si sono formate in due diverse epoche, attraverso meccanismi differenti.

La prima coincide con l’inizio stesso della nostra galassia, oltre 13 miliardi di anni fa, quando il flusso di gas freddo ha dato il via alla formazione stellare. In questa fase il gas ha iniziato ad accumulare rapidamente elementi α, come ossigeno, magnesio e silicio, rilasciati dall’esplosione di supernove di tipo II, dal ciclo di vita breve. Per questo la prima generazione di stelle della Via Lattea è ricca appunto di elementi α,– un aspetto già osservato in precedenza, ma che fino ad ora gli scienziati non erano riusciti a spiegare.

Circa 7 miliardi di anni fa, però, la produzione stellare ha subito un brusco arresto a causa di onde d’urto cosmiche che avrebbero portato il gas a temperature molto elevate. Coincide con questo momento l’ipotizzata morte della Via Lattea, che avrebbe chiuso la sua fabbrica stellare per ben 2 miliardi di anni. La produzione, secondo la teoria di Noguchi, è ricominciata circa 5 miliardi di anni fa, con l’esplosione di supernove Ia, dal ciclo di vita più lungo. Questi resti di stelle erano ricche di ferro – un elemento che infatti si ritrova in abbondanza nella seconda generazione di astri della Via Lattea, Sole compreso.

Il modello proposto da Noguchi, oltre a proporre un’affascinante visione del passato burrascoso della nostra dimora galattica, spiega dunque anche la diversa composizione degli astri che abitano la Via Lattea.