La misteriosa origine del metano marziano potrebbe essere svelata in tempi brevi. Lo afferma uno studio supportato dalla Canadian Space Agency e dal Mars Science Laboratory, pubblicato sull’ultimo numero della rivista Geophysical Research Letters. Nella ricerca, si spiega che gli scienziati hanno perfezionato le stime del gas presente nell’atmosfera di Marte, proveniente  dall’enorme cratere Gale che vanta un diametro di circa 154 chilometri e un’età stimata di 3,8 miliardi di anni. La scoperta è stata effettuata grazie ai dati messi a disposizione dal Trace Gas Orbiter della missione ExoMars dell’Esa e del rover Curiosity della Nasa.

Gli scienziati cercano di individuare la fonte del metano marziano da più di un decennio e la novità portata dal nuovo studio è che la concentrazione del gas sembra variare nel corso della giornata. In questi dieci anni, i ricercatori hanno presentato diverse ipotesi, tutte plausibili, sull’origine del metano: tra queste quella che il gas possa essere generato dalla presenza di alcuni microbi nel sottosuolo di Marte, che proprio come accade anche sulla Terra, possono sopravvivere senza ossigeno e rilasciano metano come parte dei loro rifiuti. Il metano ha anche altre possibili fonti, come le reazioni che avvengono tra rocce e acqua o da materiali in decomposizione che lo contengono.

La svolta nelle ricerche è avvenuta lo scorso anno, quando gli scienziati hanno notato che le concentrazioni di metano cambiavano nel corso delle stagioni con un ciclo annuale ripetibile. Da qui sono partite le nuove misurazioni, ancora più precise, che hanno permesso di calcolare un singolo numero per il tasso di infiltrazioni di metano nel cratere Gale che equivale a una media di 2,8 chilogrammi al giorno marziano. I ricercatori sono stati  così in grado di conciliare i dati di ExoMars e di Curiosity che, all’inizio, sembravano contraddirsi a vicenda.

«Siamo stati in grado di risolvere queste differenze mostrando come le concentrazioni di metano erano molto più basse nell’atmosfera durante il giorno – spiega John Moores, uno degli autori dello studio –  e significativamente più alte vicino alla superficie del pianeta durante la notte, poiché il trasferimento di calore diminuisce». Il prossimo anno la missione ExoMars 2020 dell’Esa potrebbe portare nuovi elementi a queste ricerche, con la possibilità di scavare in profondità nel sottosuolo fino a due metri, alla ricerca di eventuali forme di vita batteriche che potrebbero essere responsabili della produzione del metano.