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Supernove esuberanti e dure a morire

Elaborazione artistica di una supernova (Credits: ESO/M. Kornmesser)

Occhi puntati sulle fasi finali della vita stellare, che può concludersi in diverse maniere oltre alla classica esplosione come supernova. Una particolare tipologia di ‘canto del cigno’ degli astri è al centro di uno studio condotto da una team internazionale di scienziati e coordinato dall’Institute for Gravitational Wave Astronomy dell’Università di Birmingham; il saggio è stato recentemente pubblicato su The Astrophysical Journal Letters (articolo: “Massive Stellar Mergers as Precursors of Hydrogen-rich Pulsational Pair Instability Supernovae”). La fine di una stella è una notevole fonte di informazioni per gli astronomi: dalle osservazioni si possono ricavare dati utili a ricostruire l’identikit dell’astro e a comprendere sia le cause dell’epilogo, sia quali interazioni esso abbia avuto prima che calasse il sipario.

L’esame delle vaste mappature celesti di cui oggi dispone la comunità scientifica ha portato alla luce alcuni casi di stelle dai finali inconsueti che hanno indotto gli studiosi a formulare dei modelli teorici. Uno di essi è stato particolarmente approfondito dagli autori dell’articolo: si tratta delle supernove a instabilità di coppia pulsazionale (PISNe – pulsational Pair-Instability SuperNovae). Secondo questa teoria, le PISNe si presentano quando una stella molto massiccia raggiunge un livello di calore tale da innescare la produzione di coppie di elettroni e positroni; questo processo consuma l’energia interna dell’astro che subisce un improvviso collasso, cui concorre anche l’azione della forza di gravità. Il drammatico evento può portare ad un’intensa esplosione oppure ad un’eruzione più contenuta che produce un cambiamento nella massa della stella; in questo caso, l’astro può attraversare una fase caratterizzata da altre piccole eruzioni prima di terminare il suo combustibile a giungere al ‘botto’ finale come supernova a instabilità di coppia pulsazionale.

Il team della ricerca ha arricchito questo scenario di un’ulteriore variabile: l’oggetto celeste che dà luogo ad una supernova di questo tipo potrebbe essere il prodotto della fusione di due stelle massicce. Questa eventualità, secondo gli scienziati, potrebbe essere comune e dovrebbe originare un oggetto molto massiccio con un ampio guscio esterno di idrogeno. A questo punto, il gruppo di lavoro ha eseguito in laboratorio una serie di simulazioni con l’applicazione Mesa (Modules for Experiments in Stellar Astrophysics) e ha constatato che dalla fusione di due stelle massicce può derivare una PISN, che conserva una rilevante quantità di idrogeno per l’esplosione finale; tracce di questo gas rimarrebbero poi nello spettro della supernova. Questo modello, secondo i ricercatori, potrebbe essere utile per spiegare alcune supernove dalla natura elusiva, come iPTF14hls (la cosiddetta ‘Zombie Star’) che si è guadagnata le prime pagine per aver apparentemente avuto eruzioni multiple ed essere caratterizzata da uno spettro con tracce di idrogeno. Non è ancora certo che questa supernova dal nome impronunciabile sia effettivamente una PISN, ma le sue peculiarità la rendono un’ottima candidata.

Valeria Guarnieri: Nata in tempo utile per vivere sin dall'inizio il fenomeno Star Wars, lavora in ASI dal 2000 e dal 2011 si occupa di comunicazione web presso l'Unità Multimedia dell'ente. Dedica la maggior parte del tempo libero alla montagna, suo grande amore.