I viaggi spaziali aumentano il pericolo di tumori e malattie cardiovascolari? Secondo gli studiosi, no. Per la ricerca pubblicata sulla rivista Scientific Reports, condotta da un team di scienziati statunitensi e russi, le radiazioni accumulate nel corso delle esplorazioni nel Cosmo non rappresentano un maggiore rischio di mortalità per astronauti e cosmonauti. Il nuovo studio sdogana la pericolosità dei raggi cosmici, anche se per i futuri viaggi di lungo periodo i ricercatori avanzano dei dubbi.

L’indagine ha analizzato i dati medici di 301 astronauti e 117 cosmonauti che sono stati nello spazio dal 1959 al 2018, una finestra temporale che copre la storia del volo umano. I numeri non hanno dimostrato un incremento di mortalità precoce per l’esposizione alle radiazioni, ma hanno evidenziato valori standard che non mostrano correlazioni tra decessi e permanenza nello Spazio.

Tutto potrebbe cambiare in vista di una spedizione su Marte. Gli autori dello studio lasciano aperto l’interrogativo di fondo, perché le prossime missioni nello Spazio profondo esporranno di più gli astronauti alle radiazioni. Si profilerà così un diverso  rischio per i futuri esploratori.

“I dati riportati non dovrebbero stupire. I fattori in gioco sono diversi. L’altezza in cui orbitano astronauti e cosmonauti a bordo delle diverse piattaforme utilizzate, circa 400 km, è ancora abbastanza schermata dal campo magnetico terrestre” spiega Vittorio Cotronei dell’Agenzia Spaziale Italiana “inoltre,  buona parte dei voli spaziali sono stati di breve durata e solo a partire dall’utilizzo della Stazione Spaziale Internazionale si è arrivati a permanenze più lunghe con esposizioni relativamente più consistenti. Lo scenario tuttavia sarà completamente diverso da quello attuale, non solo per le radiazioni, nel caso di lunghi viaggi nello Spazio o di una spedizione su Marte”.