Conquistare la Luna. Si tratta di un’espressione che ultimamente sentiamo spesso: a 50 anni dal primo allunaggio, tornare sul nostro satellite è uno dei principali obiettivi delle agenzie spaziali di tutto il mondo. Protagonisti sono ancora una volta gli Stati Uniti, che puntano a inviare un equipaggio sul suolo lunare entro il 2024. Con l’idea di porre le basi per restarci, e iniziare a immaginare le prime colonie on the Moon.

E così la (ri)conquista della Luna non è più il progetto individuale di una superpotenza per vincere una sfida scientifica e tecnologica, ma un’operazione complessa che significa esplorare nuovi mercati e, in ultima battuta, monetizzare lo spazio. Anche grazie al fondamentale contributo di nuovi attori privati nel settore spaziale.

Ma qual è la cornice giuridica in cui si inserisce questa corsa allo spazio 2.0? I trattati internazionali attualmente in vigore sono sufficienti per regolamentare la moderna esplorazione spaziale? Global Science ne ha parlato con Sergio Marchisio, professore ordinario di diritto internazionale all’Università “La Sapienza” di Roma, dove insegna anche Space Law.

Che cos’è la Luna dal punto di vista del diritto internazionale?

Il quadro giuridico di fondo sul piano del diritto internazionale è rimasto sostanzialmente inalterato dai trattati dell’Onu che sono stati conclusi tra il 1967 con l’Outer Space Treaty e il 1979 con il Moon Treaty. In particolare il trattato sulla Luna del ‘79 è l’ultimo di 5 trattati, che però è stato un po’ un insuccesso perché la parte di implementazione dell’accordo non è mai stata realizzata. Quindi possiamo dire che oggi la Luna è disciplinata essenzialmente dal trattato del ’67: è considerata un ambiente aperto all’uso di tutti gli stati, e dagli attori privati con l’autorizzazione rilasciata dagli stati. Come gli altri corpi celesti non è appropriabile, ed è quindi un luogo dove possono essere realizzate diversi attività.

Questa cornice giuridica sarà sufficiente anche a regolamentare la nuova corsa alla Luna?

Sì, i principali progetti di futura esplorazione lunare possono essere realizzati nel quadro dell’accordo del ’67. Questo vale ad esempio per il Lunar Gateway, che punta alla costruzione di una stazione in orbita cislunare, oppure per il progetto di colonie lunari abitate da astronauti, o ancora per il Moon Village dell’Esa. I principi di base ci sono tutti: lo spazio è denuclearizzato, la Luna è completamente smilitarizzata, esiste l’obbligo da parte dei singoli stati di compensare eventuali danni, di salvare in caso di necessità gli astronauti, di restituire gli oggetti che cadono sulla Terra allo stato che li ha lanciati. L’impianto generale c’è.

E allora che cosa manca?

Quello che occorre consolidare è l’aspetto delle norme tecniche. Esattamente come fa l’Icao per la navigazione aerea: la convenzione di Chicago del ’44 sulla navigazione aerea è stata integrata da ben 19 protocolli tecnici che regolano ogni singolo aspetto, per assicurare la sicurezza delle attività di navigazione. Per lo spazio questo non c’è. Ad oggi abbiamo soltanto un primo incipit di norme tecniche che riguardano le linee guida del 2007 sulla mitigazione dei detriti – problema di grande rilevanza – e l’adozione avvenuta quest’anno delle 21 linee guida sulla sostenibilità a lungo termine delle attività spaziali. Queste linee guida, approvate dopo 10 anni di lavoro, riguardano questioni importanti di gestione del traffico spaziale. Si tratta di aspetti nuovi, che meritano una notevole attenzione. Eppure non ci sono state ad oggi grandi evoluzioni sul piano delle norme giuridiche internazionali vincolanti. Si può parlare piuttosto di un’evoluzione, che procede con una certa lentezza nel tentativo di migliorare le regole applicabili alle attività di esplorazione e all’utilizzo delle risorse dello spazio.

A proposito di risorse. A che punto è la regolamentazione giuridica?

Il tema dell’uso delle risorse spaziali è salito alla ribalta soprattutto negli ultimi anni. Inizialmente sembrava un piano di sviluppo molto accelerato, ad esempio rispetto alla possibilità di utilizzare le risorse della Luna, come la regolite e l’acqua, oppure le risorse degli asteroidi, come i metalli preziosi. In realtà abbiamo visto che questi progetti avranno bisogno di diverso tempo, sia dal punto di vista della realizzazione pratica che da quello della regolamentazione giuridica. Per fare un esempio, nel 2015 gli Stati Uniti hanno ratificato il Commercial Space Launch Competitiveness Act, che prevede la tutela dei diritti dei cittadini americani sulle risorse estratte dai corpi celesti, ma questa normativa non è ancora stata implementata. Quindi manca completamente la parte pratica, che definisca quali procedure seguire.

Quindi rispetto al futuro sfruttamento economico dello spazio c’è ancora tanta strada da fare?

Direi di sì. Sono ancora molte le condizioni che si devono avverare per poter passare dai progetti di sfruttamento delle risorse spaziali alle attività concrete. Inoltre esiste un limite economico pratico: è difficile chiedere agli investitori di scommettere oggi su attività che potrebbero dare i loro frutti tra 50 o 60 anni. È giusto però che se ne parli dal punto di vista giuridico, perché raggiungere accordi internazionali anche su questi aspetti sarebbe utile per evitare conflitti e interpretazioni discordanti dei principi di base del diritto dello spazio.

Ascolta il podcast “La legge della Luna”su Spreaker, con intervista a Sergio Marchisio


Ascolta “La legge della Luna” su Spreaker.