Risalgono a poco più di 13 miliardi di anni fa e, nonostante la vetustà, il loro aspetto è sorprendentemente scintillante: sono 135 galassie distanti, tenute sotto controllo dal telescopio spaziale Spitzer della Nasa durante una campagna di osservazioni, dedicata ad investigare gli albori del cosmo. I dati di Spitzer hanno messo in evidenza che queste galassie sono particolarmente brillanti, rispetto a quanto ritenuto in precedenza; questa scoperta può fornire nuovi indizi per comprendere i processi sottesi alla cosiddetta ‘Epoca della Reionizzazione’, un evento che ha segnato profondamente la storia dell’Universo, trasformandolo da una realtà pressoché opaca allo scenario luminoso che vediamo oggi. La luce in eccesso è un effetto secondario del rilascio, da parte delle galassie, di grandi quantità di radiazioni ionizzanti.

Le osservazioni di Spitzer sono al centro di uno studio pubblicato recentemente su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society (articolo: “The Greats Hβ+[O III]Luminosity Function and Galaxy Properties at z∼8⁠: Walking the Way of Jwst”); la ricerca è stata condotta da un gruppo internazionale di studiosi, coordinato dall’Università di Ginevra. Il telescopio Nasa, quindi, ha perlustrato due specifiche regioni dell’Universo, dedicando ad ognuna di esse 200 ore di lavoro; queste osservazioni fanno parte della campagna Greats (Goods Re-ionization Era wide-Area Treasury from Spitzer – anche Goods è un acronimo e si riferisce alla mappatura Great Observatories Origins Deep Survey). Nell’analisi dei dati i ricercatori si sono resi conto che le 135 galassie in questione sono tutte molto brillanti in due lunghezze d’onda dell’infrarosso, prodotte dalle radiazioni ionizzanti che interagiscono con l’idrogeno e l’ossigeno.

L’Epoca della Reionizzazione, vale a dire la fase in cui l’idrogeno dell’Universo passa dallo stato neutro a quello ionizzato, è ben documentata, ma non sono ancora noti i meccanismi per cui si è prodotta una quantità di radiazioni ionizzanti tale da poter influenzare il cosmo in questo modo. Le 135 galassie analizzate, secondo gli studiosi, sono popolate prevalentemente da stelle giovani e massicce, composte soprattutto da idrogeno ed elio e dotate di quantità molto piccole di elementi pesanti, come azoto, carbonio e ossigeno, rispetto alle colleghe di galassie più giovani; si tratta di astri appartenenti ad una delle più antiche generazioni conosciute. Una particolare nota di merito, nella scoperta, va a Spitzer, che è stato protagonista di una performance superba. Il telescopio ha uno specchio primario di soli 85 centimetri di diametro, quindi molto piccolo se messo in confronto, ad esempio, con quello del Webb, che ha un diametro di 6,5 metri: eppure è stato in grado di spingere il suo sguardo fino agli albori dell’Universo, lasciando piacevolmente sorpresi gli astrofisici.