Hanno ritmi di vita intensi, ma la loro esistenza – in termini astronomici – è breve e queste peculiarità le hanno rese un enigma per molto tempo: sono le stelle supergiganti blu, salite agli onori della cronaca per uno studio appena pubblicato su Nature Astronomy (articolo: “Low-frequency gravity waves in blue supergiants revealed by high-precision space photometry”), che cerca di spiegarne i tratti salienti, basandosi anche sull’astrosismologia. La ricerca, svolta da un team internazionale di ricercatori, è stata coordinata dalla Katholieke Universiteit Leuven (Belgio) ed ha visto anche la partecipazione dell’Università di Newcastle (Regno Unito), che ha curato le simulazioni informatiche; oltre ai modelli, gli astronomi hanno utilizzato i dati delle missioni Kepler/K2 e Tess, ambedue ‘targate’ Nasa. In alto, l’immagine di una simulazione idrodinamica dell’interno di una supergigante blu (Credits: © Tamara Rogers, Newcastle University)

Com’è noto, le stelle si presentano con dimensioni e colori differenti: alcune sono simili al nostro Sole e vivono tranquillamente per miliardi di anni, altre, invece, sono di gran lunga più massicce e hanno un’esistenza breve e agitata, prima di esplodere come supernove. Le supergiganti blu appartengono a questo secondo gruppo e, prima dell’avvento dei telescopi spaziali, sono state osservate raramente; di conseguenza, la comunità scientifica ne aveva una conoscenza limitata. Queste stelle, oltre a produrre la maggior parte degli elementi metallici presenti nell’Universo, sono caratterizzate da uno scintillio dovuto alla presenza di onde sulla loro superficie.

Gli scienziati dell’Università di Newcastle hanno lavorato a lungo per realizzare delle simulazioni adeguate, ipotizzando per tale scintillio l’azione di onde di gravità provenienti dall’interno delle stelle. I dati raccolti da Kepler/K2 e Tess hanno confermato questo fenomeno, che coinvolge la maggior parte delle supergiganti blu. Le onde di superficie, inoltre, possono raccontare molto su questi astri over size: dall’analisi delle frequenze è possibile ricavare dati sulla loro struttura interna, nucleo compreso, e sui processi chimici e fisici che le caratterizzano. Secondo gli autori, lo studio ha dei risvolti importanti per quanto riguarda le ricerche sulle supernove, dato che le supergiganti blu ne sono spesso l’origine.