Si trovano presso il centro dell’affollato cluster globulare Messier 22 e sono un cimelio di un lontano passato: si tratta dei resti di una nova, un’esplosione di idrogeno sulla superficie di una nana bianca, che all’improvviso incrementa la sua luminosità di diversi gradi di magnitudine. Questa ‘anticaglia’ cosmica è stata individuata da un team di astronomi europei, coordinati dall’Università di Gottinga, che hanno utilizzato lo spettrografo Muse (Multi Unit Spectroscopic Explorer), installato sul telescopio Vlt (Very Large Telescope) dell’Eso. I risultati delle osservazioni, svolte nell’arco di sette differenti notti tra il 2015 e il 2017, saranno pubblicati prossimamente su Astronomy & Astrophysics (articolo: “Discovery of an old nova remnant in the galactic globular cluster M22”); lo studio è disponibile in pre-print sulla piattaforma arxiv.org.

L’ammasso globulare Messier 22, noto anche come Ngc 6656, si trova nella costellazione del Sagittario, in direzione del centro della Via Lattea e fa parte del gruppo di 150 cluster di questo tipo che orbitano la nostra galassia. Durante le osservazioni, gli astronomi hanno scoperto una nebulosa ad emissione, che presenta una massa e delle caratteristiche spettrali coerenti con i resti di una nova; la sua posizione coincide pressoché con quella di una particolare stella indicata nel Libro di Han, un’antica raccolta cinese di osservazioni astronomiche. Gli astronomi cinesi erano soliti chiamare le nove e le supernove ‘stelle ospiti’ e nel caso della nova in questione l’osservazione risale a oltre 2000 anni fa, al maggio del 48 avanti Cristo: le misurazioni odierne, quindi, confermano una delle più antiche osservazioni umane di un evento astronomico extrasolare.

I resti della nova hanno formato una scintillante nebulosa di colore rosso, costituita da idrogeno ed altri gas, il cui diametro misura 8mila volte la distanza tra la Terra e il Sole; nonostante questa taglia over-size, la nebulosa è un ‘peso piuma’, dato che, a causa della dispersione del gas durante l’esplosione, la sua massa è solo 30 volte quella della Terra. Nello svolgimento della ricerca è stato cruciale il ruolo dello strumento Muse, che, tra le varie caratteristiche, suddivide la luce stellare a seconda dei colori e misura la brillantezza degli astri come una funzione del colore. Questa capacità rende lo spettrografo particolarmente adatto all’osservazione delle nebulose, che spesso risplendono in un solo colore, in genere il rosso.