Producono una ‘sinfonia cosmica’ mentre il loro nucleo è teatro di complesse reazioni nucleari: gli inaspettati musicisti sono le stelle, le cui vibrazioni – durante tali processi – possono essere fonte di dati utili alla comunità scientifica per comprenderle meglio. Ne sono convinti alcuni ricercatori del Dipartimento di Astronomia dell’Università del Wisconsin, che, operando nell’ambito dell’astrosismologia, hanno analizzato il rapporto tra vibrazioni e struttura stellare, sviluppando un apposito software. Le vibrazioni, che possono essere osservate dai telescopi sotto forma di oscillazioni nella brillantezza o nella temperatura superficiale, sono connesse anche alle dimensioni degli astri e possono ‘raccontare’ persino come una determinata stella invecchierà. Un esempio di fenomeno che può far ‘suonare’ una stella è dato dalla fusione dell’idrogeno in elementi più pesanti.

Gyre, il software sviluppato per condurre questa analisi, si ricollega a Mesa, un programma di simulazione stellare; con il nuovo software sono stati costruiti modelli di diversi tipi di astri e delle loro frequenze, che possono ripetersi con intervalli di tempo da pochi minuti e a più giorni. In relazione a questi dati, gli astrofisici devono velocizzare le vibrazioni da migliaia a milioni di volte per condurle oltre la portata dell’udito umano.

Le stelle prese in considerazione per lo studio sono essenzialmente quelle di dimensioni superiori al Sole, per comprendere fino in fondo i loro meccanismi e come possano influenzare l’evoluzione del cosmo: infatti, il loro percorso di vita le porta a diffondere gli elementi pesanti e infine a formare buchi neri o stelle di neutroni. I dati ottenuti con le simulazioni dovranno essere poi confrontati con quelli reali, anche per verificare quali migliorie apportare al software, che è open source. Gli studiosi dell’Università del Wisconsin sono al momento impegnati nello sviluppare una nuova versione di Gyre, aggiungendo informazioni relative ad un altro fattore che causa oscillazioni nelle stelle: il passaggio degli esopianeti. In particolare, gli astrofisici stanno utilizzando i dati della missione Tess della Nasa, ideata proprio per andare a caccia di pianeti extrasolari.