Nel corso dell’ultimo secolo gli scienziati hanno analizzato nel dettaglio l’origine organica dei combustibili fossili, ovvero quell’insieme delle risorse utilizzate dall’uomo per produrre energia, dal riscaldamento di case e veicoli all’alimentazione dei processi industriali. È infatti ormai noto che questi combustibili derivino dalla trasformazione, nel corso di milioni di anni, di sostanze organiche prodotte da piante e animali.

Eppure esistono alcuni combustibili fossili che hanno invece un’origine inorganica, e che per questo vengono definiti idrocarburi abiotici. L’esempio più diffuso in natura è il metano, gas formato da un atomo di carbonio e quattro di idrogeno, che può essere generato a seguito di processi inorganici negli strati più profondi del nostro pianeta. A differenza del comune metano biotico, prodotto da batteri o dalla degradazione di materia organica, il metano abiotico può avere origine da rocce non sedimentarie formatesi a grandi profondità all’interno della crosta terrestre. Questo tipo di metano è stato il principale oggetto di indagine del Deep Carbon Observatory (Dco), un progetto della durata di 10 anni che ha coinvolto oltre 230 ricercatori da 35 nazioni, e che vedrà la sua conclusione il prossimo ottobre.

Il programma di ricerca, a cui partecipa anche l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia di Roma, ha appena diffuso gli ultimi risultati sul metano abiotico, che secondo gli esperti potrebbe essere connesso allo sviluppo della vita sulla Terra quasi quanto il gemello biotico. La ragione sarebbe la grande quantità di metano abiotico presente sul nostro pianeta, più di quanto si pensasse. Tra gli esempi più suggestivi c’è il monte Chimera, nell’antica Licia, oggi corrispondente alla zona di Yanartas, in Turchia. Questa montagna era ed è tutt’ora famosa per i fuochi che per millenni vi hanno bruciato costantemente. L’analisi dei depositi gassosi nel terreno attorno al monte Chimera non mostra traccia di residui organici decaduti; al contrario, la presenza di metano abiotico sembrerebbe spiegare perfettamente queste particolari emissioni in grado di generare combustione. Secondo i ricercatori, abbondanti depositi di metano di origine inorganica sarebbero rimasti intrappolati in queste zone al di sotto della superficie terrestre, dando il via a processi chimici a elevata infiammabilità.

Gli scienziati del Dco hanno analizzato campioni gassosi raccolti dal monte Chimera stesso, ma anche da depositi simili trovati in Canada e in Oman. I risultati mostrano un possibile legame molto interessante – e del tutto inaspettato – tra il metano abiotico e l’origine della vita sul nostro pianeta. “Abbiamo trovato una curiosa firma biologica – spiega Isabelle Daniel della Claude Bernard University di Lione, partner del progetto – in campioni che al tempo stesso presentano tracce di metano abiotico. Sembra quindi che i microbi sappiano come utilizzare questo composto inorganico come combustibile.”

Si tratta di una delle prime prove della possibile trasformazione in natura da materia inorganica a materia organica: un fenomeno fondamentale non soltanto per spiegare la nascita della vita sul nostro pianeta, ma anche per cercare altre forme di vita nell’universo. È di pochi giorni fa, ad esempio, la conferma della presenza di profondi laghi di metano su Titano, individuati grazie ai dati ottenuti dalla sonda Cassini nel suo ultimo sorvolo della più grande Luna di Saturno. E ancora, a inizio aprile lo strumento italiano Planetary Fourier Spectrometer a bordo della sonda Esa Mars Express ha confermato la presenza di metano su Marte. Comprendere i processi di formazione di questo idrocarburo sui nostri vicini planetari potrebbe gettare una nuova luce sui fenomeni chimici potenzialmente in grado di generare la vita.