Controllo ambientale e misura del campo gravitazionale terrestre: è questo il binomio sotteso a Grace (Gravity Recovery And Climate Experiment), missione Nasa-Dlr di osservazione della Terra lanciata il 17 marzo 2002 e completata il 27 ottobre 2017; in oltre 15 anni di attività, la coppia di satelliti ha svolto la sua attività di monitoraggio misurando i mutamenti nella forza della gravità della Terra e offrendo alla comunità scientifica dati ambientali caratterizzati da un differente punto di vista. A quasi un anno e mezzo dal termine delle operazioni, il team di Grace fa il punto della situazione su Nature Climate Change, presentando i contributi più importanti che la missione ha fornito nel campo delle ricerche sul clima (articolo: “Contributions of Grace to understanding climate change”).

Piattaforme glaciali e ghiacciai sono ambienti tenuti sotto stretta sorveglianza per la fragilità che stanno mostrando nel subire le bizzarrie del clima. Gli strumenti del sistema Grace hanno prodotto la prima misurazione diretta – mai realizzata in precedenza – della perdita di massa glaciale da questi ambienti, con particolare riferimento alla Groenlandia e all’Antartide. I dati della missione, che hanno consentito una rilevazione a lungo termine, mostrano una situazione piuttosto pesante: in 15 anni la Groenlandia ha registrato una perdita annuale pari a 260 miliardi di tonnellate di ghiaccio, mentre l’Antartide si è attestata su 140 miliardi di tonnellate. Uno dei contributi di maggiore impatto di Grace riguarda la situazione delle acque territoriali, una realtà che ha importanti implicazioni per quanto riguarda le riserve, le attività agricole e la sopravvivenza umana. I due satelliti hanno confermato la modellistica elaborata in questo settore e i loro dati hanno mostrato un incremento nelle riserve acquifere ad alte e basse latitudini, mentre a quelle medie la situazione è più critica.

Sempre in tema di acqua, lo sguardo di Grace si è posato pure su mari e oceani, al centro dell’attenzione per il pericolo costituito dall’innalzamento del loro livello. Rispetto alle misurazioni effettuate sin dai primi anni ’90, quelle di Grace hanno fatto la differenza perché sono state in grado di valutare anche la distribuzione della massa dell’acqua e di prendere in considerazione sia l’influenza delle acque territoriali, sia l’espansione del liquido dovuta al calore. Inoltre, i dati della missione hanno consentito di stimare le dinamiche e l’impatto delle correnti oceaniche, con particolare riguardo all’Oceano Artico. Con Grace, inoltre, è stato possibile migliorare applicazioni di monitoraggio delle acque già esistenti (come lo Us Drought Monitor per il controllo della siccità) o promuoverne di nuove (come Egsiem, lanciata dall’Unione Europea per identificare i rischi di inondazioni). I dati della missione possono essere utilizzati efficacemente anche per vigilare sulle aree soggette agli incendi stagionali. Grace, quindi, ha dato alla comunità scientifica una vasta messe di informazioni utilizzabili in maniera versatile e il suo lascito è alla base di Grace-Fo, una missione follow-up lanciata il 22 maggio 2018, che vede protagonisti ancora una volta due satelliti gemelli.