I sette pianeti del sistema di Trappist-1 continuano ad essere al centro dell’attenzione della comunità scientifica. Situati a circa 120 anni luce da noi, i mondi di Trappist hanno dimensioni simili a quelle della Terra e gli scienziati ritengono che la loro età possa aggirarsi tra i cinque e i dieci miliardi di anni. L’età avanzata, secondo il parere degli studiosi, ha garantito un tempo più lungo per l’evoluzione, se paragonato a quello che la Terra ha avuto a disposizione. Tuttavia i sette pianeti, sono piuttosto vicini alla loro stella – una nana rossa ultra fredda di classe M – e di conseguenza avrebbero assorbito un’enorme quantità di radiazioni stellari che avrebbero influenzato negativamente lo sviluppo delle loro atmosfere.

Per testare l’abitabilità del sistema Trappist, un gruppo di astronomi dell’Harvard Smithsonian Center for Astrophisics ha realizzato una serie di simulazioni teoriche sugli effetti del vento stellare carico di protoni ad alta energia sui pianeti del sistema di Trappist. Queste particelle sono prodotte da brillamenti stellari o da onde d’urto spinte da eventi magnetici che avvengono nella corona stellare.

Durante la prima fase dello studio, gli scienziati hanno realizzato una simulazione della propagazione delle particelle cariche di protoni attraverso l’ambiente del campo magnetico di una stella nana di classe M adattando le caratteristiche per renderle simili a quelle possedute dal sistema di Trappist. Successivamente, hanno scoperto che le particelle vengono intrappolate all’interno del campo magnetico della stella per poi raggrupparsi in due flussi polari focalizzati sul piano orbitale dei pianeti. Secondo quanto si legge nello studio, il pianeta Trappist 1-e, situato nella zona abitabile e considerato il miglior candidato a ospitare la vita, sarebbe bombardato da un flusso di protoni fino a un milione di volte più intenso di quello terrestre. Un fatto che, se dimostrato, comprometterebbe la potenziale abitabilità del pianeta. Tuttavia, le variabili in gioco sono ancora molte e saranno necessari ulteriori studi per dimostrare gli effetti di questi flussi altamente energetici  su ogni singolo pianeta del sistema.